domenica 24 settembre 2017

Brindisi (palazzo Granafei Nervegna)

Un primo nucleo dell’edificio viene edificato nel 1565 ed appartiene a Nicolò Granafei, che lo acquista da Donato Ferrante. All’epoca viene pagato un canone annuo al Capitolo di Brindisi dovuto per un diritto sul suolo, probabilmente perché poteva trattarsi di area già di pertinenza della basilica di San Pelino.
La costruzione ha un prospetto rinascimentale con influenze barocche, in particolare negli elementi dei balconi in pietra. E’ diviso in tre ordini dalle cornici marcapiano sul quale spiccano quattro aforismi in latino: “la donna sapiente edifica la sua casa; la stolta distrugge con le proprie mani la costruita”, “a che giova allo stolto aver ricchezze se non può comperare la saggezza?”, “chi risponde prima d’aver ascoltato si mostra sciocco e degno di biasimo” e “non amare il sonno per non immiserire”.
Sulla facciata principale spiccano inoltre le decorazioni e le finestre, tutte diverse tra loro per i motivi ad intreccio, e il portale che racchiude in una cornice l’arma araldica del casato sorretta da due angeli. Altri due stemmi sono visibili sulle mensole dei balconi laterali e sull’angolo della facciata a sud.
La famiglia Granafei è originaria di Costantinopoli, da qui fugge dopo l’invasione dei turchi di Maometto II per giungere ad Oria; nel 1508 si trasferisce a Brindisi sfruttando i vantaggi economici voluti da Ferdinando d’Aragona allo scopo di ripopolare la città, in buona parte abbandonata per le condizioni insalubri del suo porto.
I Granafei hanno una rapida ascesa sociale, Nicolò (o Nicola) diviene sindaco della città nel 1534 e nel 1545; gli interessi del casato sono rivolti anche nel settore fondiario, con considerevoli investimenti nelle zone rurali.
Lo stemma di famiglia, presente sul portale principale del palazzo, raffigura un leone rampante che ha tra le zampe anteriori un fascio di spighe di grano, rivolto verso una croce in segno di venerazione alla Chiesa; questo simbolo probabilmente allude all’attività originaria dei Granafei nel commercio del frumento, da qui deriverebbe anche il cognome “grana fert”.
Scipione Granafei nel 1678 viene gratificato con il titolo di marchese di Serranova da re Carlo II e nel settecento la via sul quale si affaccia la costruzione prende il nome di “Strada dei Granafei”.
Strada dei Granafei e il PalazzoNel 1749 l’edificio risulta essere costituito da una serie di magazzini per alimenti e stalle al piano terra, mentre al “piano nobile” vi è una “anticamera della tramontana”, quindi tre camere intercomunicanti, una cappella, la “camera dell’alcova” e quella “delle donne”, seguite da altre due camere e la cucina con la dispensa. Il palazzo include inoltre un doppio giardino che si sviluppava lateralmente (lato nord) e posteriormente (lato est) all’edificio, che ingloba poi anche l’area della chiesa-basilica altomedievale di San Pelino, già in rovina nel 1606.
Nel XVIII secolo la famiglia decide di trasferire la residenza a Mesagne, pertanto il 18 gennaio del 1862 Giovanni Granafei vende il palazzo ai fratelli Luigi e Giuseppe Francesco Nervegna per 5.000 ducati.
I fratelli Giuseppe, Domenico, Giovanni, Salvatore, Camilla e Giovanna Nervegna, famiglia di negozianti originari di Ortona, giungono a Brindisi agli inizi del XIX secolo.
Giuseppe Nervegna, padre di Luigi e Giuseppe Francesco (gli acquirenti del palazzo), nel 1825 è recluso per alcuni mesi nel carcere di Napoli, probabilmente per simpatie politiche vicine ai carbonari. Documenti dell’epoca attestano che a Brindisi è un “venditore di salumi in piazza in largo di Porta Reale". I figli vengono educati a Trieste, città natale della madre e vicina ai Nervegna per rapporti commerciali; dei due fratelli Giuseppe Francesco è il più erudito: numismatico, politico, per dodici anni presidente della Camera di Commercio, console di Germania e viceconsole britannico e ispettore dei monumenti e scavi in collaborazione con Giovanni Tarantini.
Oscar Maria, erede di Giuseppe Francesco, vende il palazzo alla Società Anonima Piccolo Credito Cattolico il 17 marzo1921.
Il 19 settembre 1930 l’edificio viene rilevato dal Comune di Brindisi che decide di utilizzarlo come sede del Tribunale; contestualmente nel giardino laterale viene realizzata una nuova costruzione su progetto dell’arch. Telesforo Tachioni, che richiama lo stile rinascimentale del palazzo principale, dove dal 1932 viene ospitata la Corte d’Assise.
Sono diverse ed evidenti le manomissioni che vengono compiute al palazzo sia per adibirlo ed adeguarlo alla nuova destinazione che per i danni causati dall’incendio della mattina dell’8 aprile 1946 durante la violenta manifestazione dei reduci. Inoltre è stata demolita un’intera ala a piano singolo sulla parte meridionale del palazzo, probabilmente ritenuta di scarso interesse, dove è stato edificato lo stabile che ha ospitato l’Istituto Case Popolari.
Il complesso è stato utilizzato come tribunale sino al 1976.

Fonte: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/brindisi/provincia000.htm#brindmur

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