LA PROTESTA CHE CAMBIÒ IL MONDO
Nel corso del Medioevo, la Chiesa si allontanò progressivamente dagli ideali di sobrietà del messaggio cristiano. E a Roma aumentarono i costi di quella che ormai era diventata una vera e propria corte. Per farvi fronte, furono ideate numerose iniziative, tra cui la «vendita» delle indulgenze: una soluzione che dovette trasformarsi nella scintilla da cui, nell’ottobre di cinquecento anni fa, ebbe origine, con Martin Lutero, la scissione protestante Il frate domenicano di Lipsia Johann Tetzel non era uno «stinco di santo». Durante la sua vita movimentata (1460-1519), fu piú volte accusato di comportamenti poco consoni al suo status di uomo della Chiesa e, nella città di Innsbruck, venne addirittura condannato alla morte per annegamento per aver commesso adulterio e truffa nel gioco. Fu salvato dall’intervento in suo favore – presso l’imperatore Massimiliano – del principe elettore della Sassonia, la regione in cui Tetzel era divenuto famoso come predicatore e venditore di indulgenze. Un’attività, quest’ultima, grazie alla quale, un anno prima di morire di peste, ottenne il titolo di Dottore della Chiesa, su autorizzazione di papa Leone X. Tuttavia, se non fosse diventato, suo malgrado, il catalizzatore della Riforma protestante, Tetzel sarebbe stato presto dimenticato. Accadde invece che la sua attività attirasse l’ira di un allora sconosciuto monacoprofessore, che viveva in una piccola città della Germania orientale, ma che, in pochi anni, di quella Riforma sarebbe divenuto l’ispiratore. Dalla critica a Tetzel, e di conseguenza alla compravendita di indulgenze in generale, Martin Lutero di Wittenberg arrivò infatti alla negazione di una serie di princípi fondamentali della Chiesa di Roma: cadute in terra fertile, le sue idee si diffusero con eccezionale rapidità in gran parte dell’Europa, ponendo fine alla sostanziale unità religiosa e culturale del Medioevo e causando una frattura duratura tra Nord e Sud.
Assicurazioni per l’aldilà
Il concetto dell’indulgenza, elaborato già alcuni secoli prima di Lutero, deriva dal potere sacerdotale di cancellare i peccati di un peccatore pentito, il quale, in cambio, si sottopone a penitenze come il digiuno, la recita di preghiere o l’esclusione temporanea dalla comunità religiosa e sociale. L’idea base dell’indulgenza è che le penitenze dovute per determinati peccati – già cancellati da confessione e pentimento – possano essere sostituite da opere pie. Sempre con l’aiuto della Chiesa, in quanto detentrice di un immenso «tesoro di grazie», accumulato da Cristo e santi e al quale può attingere per elargire favori spirituali ai fedeli pentiti. A partire dall’XI secolo, la Chiesa, occasionalmente, concedeva la sostituzione della penitenza con la partecipazione a una crociata, la donazione di elemosine o con un contributo per la costruzione o il restauro di una chiesa. La prassi dell’indulgenza ricevette un’importante spinta negli ultimi decenni del XII secolo, con l’elaborazione del concetto – o, nelle parole dello storico francese Jacques Le Goff (1924-2014), la «scoperta» – del Purgatorio (vedi box alle pp. 86-87). Una volta stabilita l’esistenza di questa «sala d’attesa», nella quale le anime dei defunti, prima di poter entrare nel Regno dei Cieli, dovevano scontare le pene per i peccati non ancora cancellati, l’indulgenza divenne una valida assicurazione per la vita nell’aldilà. Nessuno poteva sapere quanto tempo avrebbe dovuto penare nel Purgatorio, ma la possibilità di ottenere, grazie a questa nuova prassi, una riduzione della penitenza era talmente ricercata che, nel 1215, il Quarto Concilio Laterano si vide costretto a limitare la crescita incontrollata del fenomeno. Decise che vescovi e arcivescovi avrebbero potuto condonare al massimo quaranta giorni di Purgatorio, mentre solo il papa poteva concedere un’indulgenza plenaria. Nei decenni successivi, la pratica dell’indulgenza, inizialmente intesa come atto riparatorio del peccatore...
Fonte : http://www.medioevo.it/editoriale.html