Alla morte di Ludovico il Pio, l’impero
Carolingio si frantumò in tanti piccoli stati, generando la cosiddetta “età
feudale”: un complicato sistema politico di potenti locali che aspiravano a
salire ai gradi più alti del potere. Nei primi secoli del medioevo, l’Europa
venne attaccata da saraceni e Vichinghi, i più famosi saccheggiatori dell’alto
medioevo.
Nel 732 gli Arabi furono fermati da Carlo
Martello nella Battaglia di Poitiers. In questi secoli, così brutali per
l’Europa, si assiste alla distesa degli Ungari provenienti dall’Asia minore,
esperti nel maneggiare l’arco e l’ascia. Poi arrivano i Vichinghi provenienti
dalla Scandinavia, insediatisi in Norvegia, Danimarca e Russia. Con il passare
dei secoli questi feroci cavalieri divennero i Normanni che, con le loro
scorrerie, terrorizzarono gli abitanti, mettendo a ferro e a fuoco interi
villaggi e stuprando le giovani vergini.
I Normanni erano legati alle loro armi, prestigio
sociale del loro rango. L’ascia era l’arma più usata in battaglia. Anche ad
Hastings, nel 1066, durante la conquista dell’Inghilterra da parte di Guglielmo
il Conquistatore, si adoperò quest’arma, facendo un vero e proprio massacro al
danno dei Sassoni conquistando così l’intero paese e ferendo a morte Aroldo, re
dei Sassoni. L’equipaggiamento dei Normanni era costituito da uno scudo a mandorla
e da un elmo con nasale. Indossavano una maglia di ferro, la cotta di maglia,
una protezione costituita da una fitta rete di anelli intrecciati tra loro
utili per non far trapassare la punta della spada.
In Puglia, i Normanni conquistarono
diverse città: Taranto, Brindisi, Oria, Mesagne, Malegnano (l’attuale Latiano)
San Vito dei Normanni, Ceglie Messapica, Ostuni, San Pietro Vernotico,
Tuturano, Torchiarolo, Lequile, Dragoni, San Cesario, Vernole, Segine
(l’attuale Acaya), Vanze, Acquarica di Lecce, Pisignano, Galatina, Carovigno,
Sternatia, Soleto, Corigliano d’Otranto, Sogliano Cavour. Di Oria sappiamo che
venne conquistata nel 1062 e successivamente divenne signoria feudale con la
concessione ad un “dominus”, di nome
Riccardo, che la resse tra gli anni '60 e '80 del IX secolo, dotandola di una
nuova cinta muraria.
Il diretto successore di Riccardo
Altavilla fu il figlio Roberto, signore di Oria dal 1091, quando la città si
ribello a Boemondo di Taranto. Per Brindisi abbiamo notizie di un “dominator”, il conte Goffredo di
Conversano, a partire dal febbraio 1097. La sua dominazione su Brindisi durò
fino al 1132, anno in cui Tancredi di Lecce si ribellò a Ruggero II, re di
Sicilia.
Non si può descrivere la guerra nel Medioevo
senza parlare del castello. Nell’ XI secolo ci fu il fenomeno
dell’incastellamento, i primi “castra”
erano costruiti di legno e di terra che garantivano una residenza ai signori
feudali. Essi, tramite queste fortezze militari, controllavano il territorio
circostante, come per esempio la motta di Supersano, un castello normanno
costruito nell’ XI secolo fatto di legno e costituitao da una torre quadrata e
da un ponte levatoio. La maggior parte dei castelli, che oggi possiamo
ammirare, appartengono alla fase finale del medioevo. Basti pensare al castello
di Carovigno, risalente alla fine del XV secolo.
Nel XII secolo nacque l’araldica, stemmi
identificativi molto importanti per saper riconoscere i cavalieri in battaglia.
Sugli scudi cominciarono a comparire simboli e disegni che rappresentavano il
casato di provenienza di un “milites”.
Tra il 1200 e il 1400 si svilupparono i tornei cavallereschi, dei veri e propri
addestramenti militari con l'intento di tenere allenato il cavaliere per gli
scontri militari. Dalla metà del XIII secolo le tattiche militari mutarono
profondamente, aumentando l’importanza della fanteria e dei cavalieri che
combattevano a piedi.
Gli uomini d’arme erano indotti alla
battaglia da obblighi sociali e feudali, ma anche dalle prospettive di ascesa
sociale. Infatti chi tra loro si comportava bene sul campo di battaglia aveva
buone probabilità di aumentare i propri possedimenti o accrescere il proprio
rango. Per i cavalieri la guerra medievale era, tutto sommato, un affare a
basso rischio. Vi erano molte buone ragioni per cui i nobili evitavano di
uccidersi reciprocamente. Solitamente erano imparentati e avevano
precedentemente combattuto dalla stessa parte. A ciò si aggiunga che il
riscatto da pagare o da incassare poteva essere una somma ingente, come nel
caso di Guglielmo il Maresciallo, conte di Pembroke, designato come il miglior cavaliere
del mondo che amava sconfiggere il nemico in battaglia e poi chiederne il
riscatto.
All'alba del XV secolo l'assedio assume un
ruolo preponderante nell'ordine delle operazioni militari in Occidente,
superando le battaglie in campo aperto. Tutte le miniature medievali, che
illustrano un assedio, raffigurano un padiglione o una tenda per simbolizzare
la presenza di un campo d'assedio. La riunione di un esercito, in occasione di
un assedio, poteva prevedere diverse migliaia di uomini. Per mantenere questi
uomini in buona salute e al riparo dalle intemperie, occorreva nutrirli e
alloggiarli. Per opporsi a tali preparativi, i responsabili di una piazzaforte
assediata, facevano distruggere tutte le infrastrutture che potessero servire
agli assedianti e così i sobborghi erano i primi a essere bruciati. Gli
abitanti delle città, spesso spontaneamente o sotto il controllo della
guarnigione, distruggevano i ripari, le case e i ponti. Nel campo occorreva
fornire allora un sufficiente numero di tende. Alcuni principi si facevano
costruire delle case smontabili in legno. Carlo il Temerario ne possedeva due,
con delle finestre e delle ante; Luigi XI di Francia ne aveva una rivestita di
cuoio. Nonostante numerose requisizioni nelle città, le tende sono raramente in
numero sufficiente per tutto l'esercito e sono numerosi gli uomini che non
beneficiano di questi alloggi. Nella prospettiva di un assedio di lunga durata,
tutto diventa buono per costruirsi un riparo. Si prendeva la decisione di
abbattere gli alberi o di depredare le case nei dintorni.
Le condizioni di vita nei campi erano
particolarmente rudi e la coesistenza di numerosi uomini e animali creava dei
gravi problemi sanitari. Le malattie non impiegavano molto tempo a presentarsi
di andare dal posto di guardia ai differenti pezzi di artiglieria posti in
prossimità e fino al campo per dare l'allarme in caso di attacco. Di notte la
guardia si trasformava in un sistema di ascolto. Una parola d'ordine veniva
impiegata in quel caso per interrogare gli uomini che sbucavano dal buio.
Talvolta la vita nel campo assomigliava a quella di una piccola città. Numerosi
erano i locali o le taverne, dove si trovavano anche le prostitute del campo.
Nel campo si celebravano matrimoni, battesimi e tutto ciò sotto il controllo
del prevosto del maresciallo e dei suoi arcieri. La musica svolgeva un ruolo di
un certo rilievo. Nel campo degli assedianti le trombe chiamavano gli uomini
all'adunata o annunciavano gli spostamenti del signore. La musica serviva anche
per divertirsi e per tenere alto il morale. Succedeva anche tra gli assediati.
All'interno delle mura non si esitava a suonare e cantare. A tutto questo si
aggiungeva il rumore assordante delle bombarde, che avevano un ruolo
psicologicamente molto importante per il successo di un assedio.
Negli eserciti medievali non mancavano le
prostitute che svolgevano un ruolo di primo piano negli accampamenti militari.
Si trattava di un normale servizio offerto ai soldati che volevano divertirsi
dopo una giornata faticosa. Il punto debole di ogni fortificazione era
naturalmente la porta, perciò veniva protetta da un "rivellino", una
piccola fortificazione avanzata che bisognava espugnare prima di avvicinarsi
all'ingresso vero e proprio. Inoltre, l'accesso era difeso dal ponte levatoio.
Formalmente l’assedio cominciava quando
gli assalitori aprivano il fuoco contro il castello. Prima di quel momento il
castellano poteva consegnare la fortezza e la popolazione agli assalitori senza
disonore e con la garanzia di aver salva la vita. Se il castellano rifiutava di
arrendersi, l’attacco partiva. Il primo ostacolo che l'eventuale assalitore
incontrava era il fossato, riempito d'acqua o secco. Il fossato ostacolava il
passaggio delle macchine d’assedio a ridosso delle mura. Se era secco, poteva
anche essere guarnito con pali o altri ostacoli che rallentassero
l'avvicinamento del nemico e ne aumentassero la vulnerabilità. I nemici
circondavano l’edificio nemico e montavano le macchine da guerra,
successivamente bombardavano il castello con le catapulte, per indebolirne le
difese e demoralizzarne i soldati. Infine, veniva dato l’assalto vero e
proprio, con scale, corde, rampini, torri d’assedio, arieti e ogni altro
equipaggiamento descritto sopra. Se i difensori resistevano, gli assedianti
potevano scegliere di prendere per fame la fortezza o aspettare il diffondersi
di una carestia. Questa era in effetti la tattica più tremenda perché gli
assedianti bloccavano tutti i rifornimenti al castello. Una delle risorse che
per prima veniva fermata era l'acqua. Questa giungeva al castello tramite un
fiume sotterraneo, naturale o artificiale. Per riuscire a rintracciare il corso
d'acqua intorno al castello si impiegava una tecnica alquanto particolare: si
usava non fare bere ad un cavallo per giorni così che appena lasciato libero
avrebbe subito cercato dell'acqua scavando nella terra dove ne sentiva l'odore.
Se gli attaccanti erano respinti, spesso i difensori organizzavano una sortita.
Le porte del castello si spalancavano all’improvviso e i cavalieri della fortezza
uscivano a colpire di sorpresa i nemici. A volte invece l’assalto alle mura
continuava per giorni e giorni, senza sosta, fino a quando uno dei due eserciti
non era completamente annientato o fino a quando uno dei due condottieri non si
arrendeva. Di solito il castellano, quando capiva di non avere speranze, preferiva
arrendersi. L’alternativa era combattere
fino alla morte, perché nella maggior parte dei casi veniva graziato soltanto
chi si arrendeva.
© Alberto Errico
BIBLIOGRAFIA:
·
Canaccini Federico, “L'Europa nel mirino”, “Medioevo”, N.219, aprile
2015;
·
Damiano Cosimo, “Puglia medievale : Politica, istituzione, territorio tra
XI e XV secolo”, Congedo, Galatina, 2000. SITOGRAFIA: